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L’autofattura “denuncia” per partita IVA cessata viaggia nello SDI

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Lo scorso 14 maggio, con la Risposta 344, l’Agenzia delle Entrate ha fornito una interessante indicazione a tutti gli operatori che, per vari motivi, non ricevono dalla relativa controparte (cedente/prestatore) una fattura, a fronte di uno specifico obbligo in tal senso.


La casistica specifica affrontata dall’Agenzia è calata in seno ad una procedura concorsuale: il Curatore, all’atto di procedere con il pagamento di un creditore privilegiato (professionista), medio tempore deceduto, non riceve dagli eredi la fattura relativa al pagamento effettuato e questi ultimi ricollegano l’impossibilità di procedere al rilascio del documento fiscale con l’avvenuto decesso del loro congiunto. La risposta effettua un breve excursus in merito alla posizione dell’Amministrazione Finanziaria rispetto al momento a decorrere del quale una partita IVA possa essere validamente cessata, e questo indipendentemente dalla causa (decesso compreso!).


Già nel 2007, con la CM 11/E § 7.1 l’Agenzia disse che “l’attività del professionista non si può considerare cessata fino all’esaurimento di tutte le operazioni, ulteriori rispetto all’interruzione delle prestazioni professionali, dirette alla definizione dei rapporti giuridici pendenti, ed, in particolare, di quelli aventi ad oggetto crediti strettamente connessi alla fase di svolgimento dell’attività professionale”. Il concetto venne ulteriormente sviscerato con la RM 232/E/2009 nella quale venne specificato che “la cessazione dell’attività per il professionista non coincide, pertanto, con il momento in cui egli si astiene dal porre in essere le prestazioni professionali, bensì con quello, successivo, in cui chiude i rapporti professionali, fatturando tutte le prestazioni svolte e dismettendo i beni strumentali. Fino al momento in cui il professionista, che non intenda anticipare la fatturazione rispetto al momento di incasso del corrispettivo, non realizza la riscossione dei crediti, la cui esazione sia ritenuta ragionevolmente possibile (perché, ad esempio, non è decorso il termine di prescrizione di cui all’art.2956, comma 1, n. 2 del Codice civile) l’attività professionale non può ritenersi cessata”.


In epoca estremamente recente, rispetto ai due pronunciamenti di prassi, sopra richiamati, un poco “datati”, l’Amministrazione Finanziaria interviene con la Risoluzione 34/E/2019 che tratta il caso specifico del decesso del professionista ribadendo come in presenza di fatture da incassare o prestazioni da fatturare, gli eredi non possono chiudere la partita IVA del professionista defunto sino a quando non viene incassata l’ultima parcella, fatta salva la possibilità di una integrale fatturazione anticipata (rispetto al futuro e potenziale incasso) di tutte le prestazioni professionali ancora in sospeso, quanto a fatturazione, ma già rese dal de cuius a favore dei vari committenti.


Anche la Suprema Corte di Cassazione, sentenza 8059 del 21 aprile 2016, ha avallato pienamente la posizione dell’Agenzia, tant’è che qualche sagace commentatore ebbe a ironizzare su come le pretese tributarie non si arrestino neppure innanzi al decesso del contribuente.


Assodata quindi la sussistenza dell’obbligo di emettere la fattura anche qualora il prestatore fosse deceduto, ovviamente da parte degli eredi ma con la partita IVA del de cuius, ecco che può accadere che la posizione fiscale IVA risulti già cessata, proprio perché nella mentalità comune (e normale) delle persone il decesso è un evento che rende definitivamente chiuso ogni obbligo/adempimento tributario posto a capo del contribuente.


Innanzi alla mancata emissione “volontaria” del documento fiscale, il sistema ha elaborato da tempo una via per regolarizzare l’operazione: l’autofattura ex art. 6 c. 8 D.Lgs. 471/1997, documento che “familiarmente” è spesso etichettato come autofattura denuncia proprio per il fatto che essa si sostanza in una vera e propria denuncia all’Amministrazione Finanziaria di un comportamento irregolare della controparte.


Sino al 31 dicembre 2018 la procedura da seguire era collaudata, dato che i documenti fiscali erano di tipo analogico (cartaceo): con l’avvento della fattura elettronica obbligatoria (salvo rare eccezioni) la risposta in commento assume una valenza pratica estremamente importante, dato che in linea di principio era logico temere che un documento fiscale contenente una partita IVA cessata potesse essere motivo di scarto da parte dello SDI.


In buona sostanza l’Agenzia ci indica che, previo il pagamento dell’imposta esposta nell’autofattura, l’operazione può essere validamente regolarizzata e veicolata per il tramite del Sistema di Interscambio (SDI) con l’emissione di un documento avente la tipologia TD20 (autofattura per regolarizzazione ed integrazione delle fatture – art. 6 c. 8 e 9-bis d.lgs. 471/97 o art. 46 c.5 d.l. 331/93), come indicato a pag. 79 delle Specifiche Tecniche versione 1.6.2 dello scorso 20 novembre 2020.


Il sistema, come precisato a pag. 148 delle succitate Specifiche Tecniche, verificherà la presenza in anagrafe tributaria dei codici fiscali e delle partite IVA indicate nel documento fiscale e lo scarto avverrà solo se essi non fossero presenti negli archivi dell’Amministrazione Finanziaria (es. una partita IVA di “pura fantasia”) e non nell’ipotesi in cui fossero “solamente” cessati o associati a soggetti deceduti (vedasi FAQ 17 del 27 novembre 2018). Interessante è la conclusione alla quale l’Amministrazione Finanziaria perviene coordinando la FAQ 17 con la successiva FAQ 136 del 19 luglio 2019, la quale indica come causa di scarto l’avvenuta chiusura della partita IVA del cedente/prestatore al momento dell’emissione della fattura: quando il soggetto obbligato ad emettere l’autofattura è il cessionario/committente mentre il destinatario cui si riferisce il contenuto dell’autofattura stessa è il cedente/prestatore occorre solo che sia attiva la partita IVA dell’emittente (cessionario/committente) e non anche quella del cedente/prestatore. Il tutto funziona, però, solo se la partita IVA del cedente/prestatore è cessata da meno di cinque anni, come riferiscono, sempre le Specifiche Tecniche, versione 1.5 del 1° luglio 2019.


Qualora quest’ultima circostanza non fosse verificata (cessazione antecedente rispetto al quinquennio) resterà l’autofattura cartacea come unica modalità di regolarizzazione.

( Articolo di Giovanni Colombi pubblicato su “Fiscal Focus” )

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