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La rivalutazione dei beni nei settori alberghiero e termale

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I Il Decreto “Liquidità”, nella versione finale, modificato in sede di conversione in legge, prevede a favore di imprese ed enti operanti nei settori alberghiero e termale, che non adottano i principi contabili internazionali, la possibilità di effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019.

Il Decreto “Liquidità” (art. 6-bis del D.L. n. 23/2020) nella versione convertita in Legge 5 giugno 2020, n. 40, per effetto delle modifiche introdotte durante il dibattito parlamentare, dispone anche la novità della rivalutazione dei beni nei settori alberghiero e termale. La norma è finalizzata, assieme ad altre misure agevolative, a sostenere a seguito dell’emergenza sanitaria COVID-19, il settore turistico-alberghiero che risente della grave crisi economica-finanziaria a seguito del periodo di lockdown; è rivolta a tutte quelle imprese che non adottano i principi contabili internazionali e concede la possibilità di effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019.

Soggetti interessati

La disposizioni introdotta dal legislatore stabilisce che al fine di sostenere i settori alberghiero e termale, i soggetti indicati nel T.U.I.R. (art. 73, comma 1, lett. a) e b), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917) operanti in tali settori che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio, possono, anche in deroga ai criteri di valutazione degli elementi del patrimonio (art. 2426 del Codice civile) e ad ogni altra disposizione di legge vigente in materia, rivalutare i beni di impresa e le partecipazioni ad esclusione degli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa, risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019. La norma consente a quei soggetti che non sono sottoposti ai vincoli tecnici recati dai princìpi contabili internazionali, di rivalutare i beni e le partecipazioni aziendali rilevanti anche in deroga ai vincoli giuridici disposti dall’art. 2426 del Codice civile e da altre disposizioni normative. Tali vincoli sono posti al fine di evitare che gli amministratori perseguano comportamenti opportunistici, volti ad accrescere o ridurre il patrimonio aziendale rispetto al valore che risulterebbe dall’applicazione di princìpi di valutazione convenzionalmente accettati, utilizzati per conferire omogeneità alle determinazioni quantitative d’azienda.

Il comma 7, dell’art. 6-bis in commento stabilisce l’applicabilità, in quanto compatibili, di norme adottate con riferimento ad esercizi precedenti in materia di rivalutazione: si tratta degli artt. 11, 13, 14 e 15 della Legge n. 342/2000 e dei relativi decreti attuativi (Decreti del Ministro delle Finanze n. 162/2001, e del Ministro dell’Economia e delle Finanze n. 86/2001), nonché dei commi 475, 477 e 478, dell’art. 1, della Legge n. 311/2004 (Legge finanziaria 2005). In particolare, il richiamo all’art. 15 della Legge n. 342/2000 “dovrebbe” prevedere l’applicabilità delle norme sulla rivalutazione, per i beni relativi alle attività commerciali esercitate, anche alle imprese individuali, alle società in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate, agli enti pubblici e privati che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, residenti nel territorio dello Stato, nonché alle società e gli enti di ogni tipo non residenti nel territorio dello Stato.

Attenzione. Il comma 8, dell’art. 6-bis prevede che il riconoscimento fiscale di maggiori valori iscritti a bilancio, disposto dall’art. 14 della Legge n. 342/2000 (c.d. riallineamento), venga applicato anche ai soggetti che redigono il bilancio in base ai princìpi contabili internazionali di cui al Regolamento CE 1606/2002, anche con riferimento alle partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie (ai sensi dell’art. 85, comma 3-bis, del T.U.I.R.). L’importo relativo al c.d. riallineamento è imputato ad una riserva in sospensione d’imposta ai fini fiscali, che può essere affrancata versando l’imposta sostitutiva sul saldo attivo della rivalutazione.

Ambito oggettivo

La rivalutazione deve essere eseguita in uno od entrambi i bilanci o rendiconti relativi ai due esercizi successivi a quello risultante dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019, e deve riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea e deve essere annotata nel relativo inventario e nella nota integrativa.

Riconoscimento dei maggiori valori

La disposizione prevede che sui maggiori valori dei beni e delle partecipazioni iscritti in bilancio non è dovuta alcuna imposta sostitutiva od altra imposta. Il maggior valore attribuito ai beni ed alle partecipazioni si considera riconosciuto, ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive, a decorrere dall’esercizio nel cui bilancio la rivalutazione è eseguita. Inoltre, il saldo attivo risultante dalle rivalutazioni eseguite deve essere imputato al capitale o accantonato in una speciale riserva designata con riferimento alla presente previsione normativa, con esclusione di ogni diversa utilizzazione. Il saldo attivo della rivalutazione può essere affrancato, in tutto o in parte, con l’applicazione in capo alla società di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali, nella misura del 10%.

Modalità di versamento delle imposte

Le imposte sostitutive (ai sensi dell’art. 1, comma 701, della Legge 27 dicembre 2019, n. 160) possono essere versate in più rate, entro un massimo che dipende dall’importo complessivo del versamento. In particolare:

➢ per importi complessivi fino a 3 milioni di euro: le imposte sostitutive sono versate in un massimo di 3 rate di pari importo. Il termine per il versamento delle rate è quello previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi dovute, rispettivamente, per il periodo d’imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita e per i periodi d’imposta successivi;

➢ per importi complessivi superiori a 3 milioni di euro: le imposte sostitutive sono versate in un massimo di 6 rate di pari importo. Il termine per il versamento della prima rata è quello previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d’imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita. Entro il medesimo termine, riferito ai periodi di imposta successivi, dovranno essere versate la terza e la quinta rata. La seconda rata, la quarta e la sesta rata dovranno invece essere versate entro il termine previsto per il pagamento della seconda o unica rata di acconto delle imposte sui redditi relative ai periodi d’imposta successivi rispetto a quello in cui la rivalutazione è eseguita.

Gli importi da versare possono essere compensati ai sensi delle disposizioni sul versamento unitario e compensazione (D.Lgs. n. 241/1997). Disposizioni antielusive È introdotta una disposizione “antielusiva” nel caso in cui i beni oggetto della rivalutazione siano oggetto di specifiche operazioni prima del riconoscimento giuridico degli effetti fiscali. La norma specifica che nel caso di cessione a titolo oneroso, di assegnazione al socio di destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero al consumo personale o familiare dell’imprenditore dei beni rivalutati in data anteriore a quella di inizio del quarto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione è stata eseguita, ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze si ha riguardo al costo del bene prima della rivalutazione.

( Articolo di Federico Gavioli pubblicato su Inform@Mail )

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