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Gli ex forfettari obbligati alle fatture e alle ritenute

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Accantonata la speranza del rinvio al 2021 delle nuove cause di esclusione, le persone fisiche che esercitano attività di impresa o arti e professioni che dal 2020 devono abbandonare il regime forfettario, si devono organizzare per osservare i diversi adempimenti fiscali.

Resta l’auspicio – emerso anche nel corso di Telefisco 2020 – che in questo caso si applichi il termine di 60 giorni decorrenti dal 1° gennaio 2020 (articolo 3 della legge 212/2000). I contribuenti fuori dal forfait in seguito alle nuove cause di esclusione (redditi da lavoro dipendente o assimilati superiori a 60mila euro, spese per il personale dipendente superiore a 20mila euro) vengono stimati in alcune centinaia di migliaia e prevalentemente sono coloro che, pur titolari di partita Iva, hanno percepito lo scorso anno redditi di lavoro dipendente o pensione di ammontare superiore a 30mila euro. Questi contribuenti, per prima cosa, devono applicare l’Iva sulle cessioni di beni e prestazioni di servizi e di questo è necessario avvertire i propri clienti che erano abituati a non pagarla. In presenza di rapporti preesistenti si deve precisare che il compenso eventualmente già concordato sarà maggiorato dell’imposta. Se a fronte della prestazione di servizio o cessione di beni la fattura è stata emessa nel 2019 ovviamente senza Iva, ancorché venga pagata nel 2020, l’imposta non deve essere aggiunta o scorporata in quanto l’operazione si intende effettuata lo scorso anno.

Quindi gli ex forfettari devono dotarsi del codice univoco al fine di poter emettere la fattura elettronica (sono esclusi solo i medici). Inoltre, è loro facoltà (ma assai opportuno), trasmettere alla agenzia delle Entrate in via telematica la procura eventualmente rilasciata a favore di un intermediario per i servizi telematici offerti dalla agenzia delle Entrate (consultazione, conservazione fatture elettroniche eccetera).

Quindi questi contribuenti devono impostare la contabilità Iva costituita dal registro delle fatture emesse e degli acquisti per la registrazione delle relative fatture. Inoltre dovranno effettuare le liquidazioni periodiche dell’Iva, la prima mensile entro il 16 febbraio a meno che optino per la liquidazione trimestrale entro il 16 maggio se il volume di affari risulta non superiore ai limiti previsti dall’ articolo 7 del Dpr 542/99. Devono altresì trasmettere trimestralmente lo spesometro se effettuano operazioni con l’estero diverse da quelle risultanti dalle bollette doganali. Da quest’ anno l’ex forfettario dovrà poi subire la ritenuta d’acconto sui compensi professionali o per le intermediazioni, come pure deve applicare la ritenuta qualora sia lo stesso a erogare i medesimi compensi. Per le fatture emesse nel 2019 e non pagate, a fronte di prestazioni professionali per le quali il professionista aveva dichiarato che il compenso non era oggetto a ritenuta d’ acconto, occorre comunicare al committente la perdita del regime, affinché operi la ritenuta, in quanto questo compenso concorrerà a formare il reddito imponibile nel 2020 quando il percepente non è più in regime forfettario (comma 72, legge 190/2014). Infatti per i ricavi e compensi maturati nel 2019 e non ancora incassati si prospetta una tassazione sfavorevole in quanto la norma dispone che in caso di passaggio dal regime forfettario a quello ordinario, i ricavi e compensi maturati nel 2019 che verranno incassati nel 2020, saranno sottoposti al regime del periodo di imposta in cui si manifestano e quindi quello dell’incasso. La norma precisa altresì che le spese sostenute nel periodo di applicazione del regime forfettario non sono deducibili. Quindi non è possibile imputare i proventi nell’ ultimo periodo in cui si è applicato il forfait come aveva invece stabilito l’Agenzia con circolare 17/2012 per il regime dei minimi. A favore dell’ex forfettario invece scatta la rettifica della detrazione ai fini dell’Iva. Quindi per gli acquisti di beni strumentali effettuati negli ultimi cinque anni (dieci per gli immobili) c’è il diritto alla detrazione nella misura di tanti quinti o decimi non ancora maturati al 1° gennaio 2020; inoltre spetta il recupero dell’Iva sulle rimanenze di merci in giacenza a inizio 2020 procedendo all’ inventario ed alla valorizzazione dei beni in base ai prezzi delle fatture più recenti (Fifo) nonché per i servizi non ancora utilizzati. Ci saranno casi in cui si deve fare la rettifica della rettifica per chi ad esempio è entrato nel forfait lo scorso anno a ha versato i quinti dell’Iva sui beni strumentali ed ora li recupera meno un quinto relativo al 2019.

Quanto al momento di effettuazione della rettifica l’articolo 19 bis del Dpr 633/72 e il comma 61 della legge 190/2014, dispongono che deve essere fatta in sede di dichiarazione Iva. Tuttavia in caso di mutamento del regime come nella fattispecie in esame, si ritiene che il credito Iva possa essere utilizzato già in sede di liquidazione periodica (risoluzione ministeriale 10/E del 2 febbraio 1999).

( Articolo di Gian Paolo Tosoni Pubblicato su “Il Sole 24ore” )

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