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Il lavoro domestico – Le novità dopo il rinnovo del contratto collettivo

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Le collaboratrici domestiche, adesso, si chiamano «assistenti familiari»

È una delle novità del rinnovo del contratto collettivo, arrivato con circa quattro anni di ritardo (il precedente è scaduto a fine anno 2016), per restare in vigore dal 1° ottobre 2020 al 31 dicembre 2022 (e anche oltre, fino al prossimo rinnovo). Il nuovo Ccnl, che interessa circa 860 mila addetti regolarmente assunti, ovvero 2 milioni considerando anche il sommerso, tra le varie novità ha promosso il superamento del tradizionale inquadramento dei domestici in colf, badanti e baby-sitter a favore dell’introduzione della figura di: «assistente familiare educatore formato». Nel nuovo contratto collettivo del lavoro domestico, rinnovato l’8 settembre scorso, c’è spazio anche per alcune misure a favore delle famiglie che hanno bisogno di un aiuto 24 ore su 24, come quelle che devono prendersi cura di anziani non autosufficienti. Un’altra importante novità sta per scattare: dal 1° gennaio c’è l’aumento salariale, in media, di 12 euro mensili che porta la retribuzione minima per una persona convivente a circa 880 euro. Costerà meno, invece, tenere una badante notturna (che presta assistenza tra le ore 20 e le 8). A partire dal 1° ottobre, infatti, è possibile versare i contributi su un orario convenzionale di 8 ore, quindi con una riduzione di 24 ore settimanali. Vediamo, dunque, le principali regole da seguire, alla luce del nuovo Ccnl, per tenere i conti in ordine con la propria assistente familiare.

Rinnovo Ccnl settore domestici
Decorrenza e durataIl contratto decorre dal 1° ottobre 2020 e scade il 31 dicembre 2022
Resterà in vigore fino a che non viene sostituito dal successivo
Parti firmatarieSindacati dei lavoratori: Filcams Cgil, Fisascat Cisl, UILTuCS, Federcolf
Associazioni dei datori di lavoro: Fidaldo (riunisce Nuova Collaborazione, Assindatcolf, Adld e Adlc) e Domina


La «specialità» del lavoro domestico

Che quello domestico sia un rapporto di lavoro «speciale», tra i rapporti di lavoro subordinati (o dipendente), si capisce dal fatto che c’è una legge ad hoc a disciplinarlo che ha raggiunto i 60 anni quasi di esistenza; nonché dalla presenza, prima ancora della legge, di alcuni articoli del codice civile che fissano i principi generali (gli articoli dal 2240 al 2246 riportati in tabella). La legge è la n.339 del 1958: 21 articoli con le disposizioni dall’assunzione al licenziamento, passando per ferie, festività e preavviso. La legge si applica «ai rapporti di lavoro concernenti gli addetti ai servizi domestici che prestano la loro opera, continuativa e prevalente, di almeno 4 ore giornaliere presso lo stesso datore di lavoro, con retribuzione in denaro o in natura» (art. 1). In linea di principio quindi interessa i rapporti di lavoro degli «addetti ai servizi domestici». E quando una persona può qualificarsi «addetta ai servizi domestici»? Con l’aiuto della stessa legge n. 339/1958, nonché del vigente Ccnl sul lavoro domestico, il primo contratto collettivo nazionale di lavoro domestico fu stipulato nel 1974; quello attuale ha scadenza al 31 dicembre 2022, per «addetti ai servizi personali domestici» s’intendono i lavoratori di ambo i sessi e di qualunque nazionalità, anche straniera, che prestano a qualsiasi titolo la loro opera per il funzionamento della vita familiare.

Quando si è in presenza di prestazioni aventi tutti questi criteri, esse si qualificano prestazioni di «addetti ai servizi domestici» per le quali c’ è obbligo, attenzione! «obbligo», di instaurare un rapporto di lavoro domestico di natura subordinata. In altre parole, occorre «assumere» la colf, la badante o il domestico che sia.

Nel corso degli anni, questo generale ambito applicativo del lavoro domestico ha subito delle variazioni per via di nuove leggi o per interventi della giurisprudenza; in alcune ipotesi è stata addirittura esclusa la riconducibilità di alcune prestazioni al lavoro domestico. In particolare:

a) la «casalinga» non è mai riconducibile a rapporto di lavoro domestico (sentenza cassazione n. 12036/2003);

b) gli addetti alla pulizia di uffici e stabili (non domestici) sono esclusi dal rapporto di lavoro domestico (art. 26 del dpr n. 1403/1971);

c) le persone cosiddette «alla pari», come per esempio gli studenti che offrono limitate prestazioni di lavoro domestico in cambio della mera ospitalità, sono altrettanto esclusi dal rapporto di lavoro domestico perché mancano i requisiti specifici del lavoro subordinato (cassazione n. 25859/2010). Il «collocamento alla pari» si ricorda consiste nell’ accoglimento temporaneo in seno a famiglie, come contropartita di alcune prestazioni, di giovani stranieri venuti allo scopo di perfezionare le loro conoscenze linguistiche ed eventualmente professionali e di arricchire la loro cultura generale con una migliore conoscenza del Paese di soggiorno
(art. 2 della legge n. 304/1973);

d) l’autista invece rientra nel «rapporto di lavoro domestico» solo se il datore di lavoro non è titolare di un’impresa. In caso contrario (cioè se il datore di lavoro è titolare d’impresa, di qualunque tipo e dimensione), l’autista è sempre escluso dal rapporto di lavoro domestico anche qualora addetto al servizio personale del titolare o dei componenti del suo nucleo familiare (legge n. 1003/1956);

e) il coniuge, il convivente more uxorio, o parenti e gli affini sono esclusi in via di principio dal rapporto di lavoro domestico, perché si presume che una loro prestazione data a favore di un congiunto o parente sia effettuata a titolo gratuito. Tuttavia, se la prestazione consiste nel dare assistenza in presenza di invalidità, allora si rientra nel rapporto domestico.

Quattro livelli

Il nuovo Ccnl articola l’inquadramento degli assistenti familiari su quattro livelli, ciascuno dei quali con due parametri retributivi in funzione delle conoscenze e competenze possedute dal lavoratore in riferimento alla mansione. In tal modo, punta a superare la distinzione tra colf, badanti e baby-sitter per porre l’accento sul contesto della prestazione lavorativa, operando anche una netta distinzione tra lavoratori che coadiuvano le famiglie nel ménage quotidiano e lavoratori che si prendono cura di altri esseri umani.

Altra novità è l’introduzione delle figure degli educatori formati: un aiuto in più per chi ha l’esigenza di accudire, all’ interno delle mura domestiche, persone, anche bambini, in condizioni di difficoltà perché affette da una disabilità (livello D Super: lavoratore che, nell’ambito di progetti educativi e riabilitativi elaborati da professionisti individuati dal datore di lavoro, attua specifici interventi volti a favorire l’inserimento o il reinserimento nei rapporti sociali, in autonomia, di persone in condizioni di difficoltà perché affette da disabilità psichica o da di
sturbi dell’apprendimento o relazionali).

Il personale domestico è inquadrato in quattro livelli, a ciascuno dei quali corrispondono due parametri retributivi, il maggiore dei quali è definito «super». Il lavoratore addetto allo svolgimento di mansioni plurime ha diritto all’ inquadramento nel livello corrispondente alle mansioni prevalenti.

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(Articolo di Daniele Cirioli pubblicato su “Italia Oggi)

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