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Impianti sempre ben segnalati

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Non è prevista alcuna autorizzazione da parte del Garante per installare le telecamere.

In base al principio di responsabilizzazione (articolo 5, paragrafo 2, del Regolamento europeo sulla privacy, Gdpr, n.2016/679), spetta al titolare del trattamento (un’azienda, una pubblica amministrazione, un professionista, un condominio, e così via) valutare la liceità e la proporzionalità del trattamento, tenuto conto del contesto e delle finalità del trattamento, nonché del rischio per i diritti e le libertà delle persone fisiche. Il titolare del trattamento deve, altresì, valutare se sussistano i presupposti per effettuare una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati prima di iniziare il trattamento. Ma vediamo di analizzare la casistica illustrata dal Garante.

Cartelli.

Le persone che transitano nelle aree videosorvegliate devono essere informate della presenza delle telecamere. Gli interessati, quindi, devono sempre essere informati che stanno per accedere in una zona videosorvegliata, anche in occasione di eventi e spettacoli pubblici (ad esempio, concerti, manifestazioni sportive) e a prescindere dal fatto che chi tratta i dati sia un soggetto pubblico o un soggetto privato.

L’informativa può essere fornita utilizzando un modello semplificato (anche un semplice cartello), che deve contenere, tra le altre informazioni, le indicazioni sul titolare del trattamento e sulla finalità perseguita. Il modello può essere adattato a varie circostanze (presenza di più telecamere, vastità dell’area oggetto di rilevamento o modalità delle riprese). L’informativa va collocata prima di entrare nella zona sorvegliata. Non è necessario rivelare la precisa ubicazione della telecamera, purché non vi siano dubbi su quali zone sono soggette a sorveglianza e sia chiarito in modo inequivocabile il contesto della sorveglianza. L’interessato deve poter capire quale zona sia coperta da una telecamera in modo da evitare la sorveglianza o adeguare il proprio comportamento, ove necessario. L’informativa deve rinviare a un testo completo contenente tutti gli elementi, previsti dall’ articolo 13 del Gdpr, indicando come e dove trovarlo (ad esempio sul sito Internet del titolare del trattamento o affisso in bacheche o locali dello stesso).

Datore di lavoro.

Il datore di lavoro pubblico o privato può installare un sistema di videosorveglianza nelle sedi di lavoro. Lo può fare esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale, nel rispetto delle altre garanzie previste dalla normativa di settore in materia di installazione di impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo (art. 4 della legge 300/1970).


Scopi personali.

A certe condizioni l’installazione di sistemi di videosorveglianza può essere effettuata da persone fisiche per fini esclusivamente personali, atti a monitorare la proprietà privata. Nel caso di videosorveglianza privata, al fine di evitare di incorrere nel reato di interferenze illecite nella vita privata (articolo 615-bis codice penale), l’angolo visuale delle riprese deve essere comunque limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza, escludendo ogni forma di ripresa, anche senza registrazione di immagini, relativa ad aree comuni (cortili, pianerottoli, scale, parti comuni delle autorimesse) ovvero a zone di pertinenza di soggetti terzi. È vietato anche riprendere aree pubbliche o di pubblico passaggio.


Videosorveglianza condominiale.

Per installare un sistema di videosorveglianza condominiale è necessario in primo luogo che l’installazione avvenga previa assemblea condominiale, con il consenso della maggioranza dei millesimi dei presenti (articolo 1136 codice civile). È indispensabile, inoltre, che le telecamere siano segnalate con appositi cartelli e che le registrazioni vengano conservate per un periodo limitato. In ambito condominiale è comunque congruo ipotizzare un termine di conservazione delle immagini che non oltrepassi i 7 giorni.


Smart cam.

A certe condizioni si possono utilizzare telecamere di sorveglianza casalinghe cosiddette smart cam. Il trattamento dei dati personali mediante l’uso di telecamere installate nella propria abitazione per finalità esclusivamente personali di controllo e sicurezza, rientra tra quelli esclusi dall’ ambito di applicazione del Regolamento europeo sulla privacy (Gdpr).


In questi casi, i dipendenti o collaboratori eventualmente presenti (babysitter, colf, ecc.) devono essere comunque informati dal datore di lavoro. Sarà comunque necessario evitare il monitoraggio di ambienti che ledano la dignità della persona (come bagni), proteggere adeguatamente i dati acquisiti (o acquisibili) tramite le smart cam con idonee misure di sicurezza, in particolare quando le telecamere sono connesse a Internet, e non diffondere i dati raccolti.

Quando non si applica il Gdpr.

Ci sono casi di videosorveglianza in cui non si applica la normativa in materia di protezione dati. La normativa in materia di protezione dati non si applica al trattamento di dati che non consentono di identificare le persone, direttamente o indirettamente, come nel caso delle riprese ad alta quota (effettuate, ad esempio, mediante l’uso di droni). Non si applica, inoltre, nel caso di fotocamere false o spente perché non c’ è nessun trattamento di dati personali (fermo restando che, nel contesto lavorativo, trovano comunque applicazione le garanzie previste dall’ articolo 4 della legge 300/1970) o nei casi di videocamere integrate in un’ automobile per fornire assistenza al parcheggio (se la videocamera è costruita o regolata in modo tale da non raccogliere alcuna informazione relativa a una persona fisica, ad esempio targhe o informazioni che potrebbero identificare i passanti).


Scuola.

Si possono installare telecamere all’ interno degli istituti scolastici, ma l’eventuale installazione di sistemi di videosorveglianza presso le scuole deve garantire il diritto dello studente alla riservatezza. Può risultare ammissibile l’utilizzo di tali sistemi in casi di stretta indispensabilità, al fine di tutelare l’edificio e i beni scolastici da atti vandalici, circoscrivendo le riprese alle sole aree interessate. È inoltre necessario segnalare la presenza degli impianti con cartelli. Le telecamere che inquadrano l’interno degli istituti possono essere attivate solo negli orari di chiusura, quindi non in coincidenza con lo svolgimento di attività scolastiche ed extrascolastiche. Se le riprese riguardano l’esterno della scuola, l’angolo visuale delle telecamere deve essere opportunamente delimitato. Si rammenta che progetti di revisione della disciplina sull’ utilizzo degli strumenti di videosorveglianza negli istituti scolastici sono attualmente all’ attenzione del Parlamento.

Tempi.

Le immagini registrate non possono essere conservate più a lungo di quanto necessario per le finalità per le quali sono acquisite. Spetta al titolare del trattamento individuare i tempi di conservazione delle immagini, tenuto conto del contesto e delle finalità del trattamento, nonché del rischio per i diritti e le libertà delle persone fisiche. Ciò salvo che specifiche norme di legge non prevedano espressamente determinati tempi di conservazione dei dati.


In via generale, gli scopi legittimi della videosorveglianza sono spesso la sicurezza e la protezione del patrimonio.


Solitamente è possibile individuare eventuali danni entro uno o due giorni. Tenendo conto dei principi di minimizzazione dei dati e limitazione della conservazione, i dati personali dovrebbero essere, nella maggior parte dei casi (ad esempio se la videosorveglianza serve a rilevare atti vandalici), cancellati dopo pochi giorni, preferibilmente tramite meccanismi automatici. Quanto più prolungato è il periodo di conservazione previsto (soprattutto se superiore a 72 ore), tanto più argomentata deve essere l’analisi riferita alla legittimità dello scopo e alla necessità della conservazione.

Ad esempio, normalmente il titolare di un piccolo esercizio commerciale si accorgerebbe di eventuali atti vandalici il giorno stesso in cui si verificassero.


Un periodo di conservazione di 24 ore è quindi sufficiente. La chiusura nei fine settimana o in periodi festivi più lunghi potrebbe tuttavia giustificare un periodo di conservazione più prolungato.

In alcuni casi può essere necessario prolungare i tempi di conservazione delle immagini inizialmente fissati dal titolare o previsti dalla legge: ad esempio, nel caso in cui tale prolungamento si renda necessario a dare seguito ad una specifica richiesta dell’autorità giudiziaria o della polizia giudiziaria in relazione ad un’ attività investigativa in corso.



Valutazione di impatto.

Alcuni sistemi di videosorveglianza necessitano di valutazione d’impatto preventiva.

La valutazione d’impatto preventiva è prevista se il trattamento, quando preveda in particolare l’uso di nuove tecnologie, considerati la natura, l’oggetto, il contesto e le finalità del trattamento, può presentare un rischio elevato per le persone fisiche. Può essere il caso, ad esempio, dei sistemi integrati, sia pubblici che privati, che collegano telecamere tra soggetti diversi nonché dei sistemi intelligenti, capaci di analizzare le immagini ed elaborarle, ad esempio al fine di rilevare automaticamente comportamenti o eventi anomali, segnalarli, ed eventualmente registrarli.

La valutazione d’impatto sulla protezione dei dati è sempre richiesta, in particolare, in caso di sorveglianza sistematica su larga scala di una zona accessibile al pubblico e negli altri casi indicati dal Garante.


Dati sensibili.

Solo in alcuni casi sono consentite le riprese video per ricavare categorie particolari di dati (articolo 9 Gdpr). È il caso, ad esempio, di un ospedale che installa una videocamera per monitorare le condizioni di salute di un paziente effettua un trattamento di categorie particolari di dati personali.

Il trattamento di categorie particolari di dati richiede una vigilanza rafforzata e continua su taluni obblighi, ad esempio un elevato livello di sicurezza e una valutazione d’ impatto sulla protezione dei dati, se necessario.

( Articolo pubblicato su “Italia Oggi” )

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