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Attestazione aziendale opportuna per andare al lavoro

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In caso di controllo durante il percorso basta anche l’autocertificazione. Secondo l’articolo 1, comma 1, lettera a), del Dpcm 8 marzo, e poi secondo quanto preannunciato ieri sera dal premier Conte, chiunque debba spostarsi sul territorio può uscire di casa solo in presenza di uno stato di necessità, di esigenze mediche oppure per esigenze di lavoro.

Intorno a quest’ultima definizione si sono scatenati molti dubbi applicativi. La prima domanda riguarda il contenuto dell’esigenza: deve trattarsi di un’esigenza straordinaria e indifferibile (come diceva la prima versione del decreto) oppure è sufficiente andare al lavoro per svolgere l’attività quotidiana? Leggendo il decreto, non sembrano esserci molti dubbi: qualsiasi attività lavorativa giustifica lo spostamento, non è necessario che sussista un motivo particolare. Così, per fare un esempio, un dipendente che deve svolgere attività assolutamente di routine non ha necessità di giustificare l’uscita con una riunione o un impegno indifferibile: basta che dimostri che sta andando al lavoro. Sulla modalità di questa dimostrazione sono sorti altri dubbi, in parte chiariti dalla circolare del ministero dell’Interno: basta un’autocertificazione del dipendente, utilizzando il modulo diffuso online dallo stesso Ministero. La compilazione di quest’ultimo non deve neanche essere anticipata rispetto a un eventuale controllo: se il dipendente viene fermato senza autocertificazione, può rendere sul posto la dichiarazione, sottoscrivendo il modulo e assumendo, con tale sottoscrizione, tutte le responsabilità connesse all’eventuale falsa attestazione.

Ovviamente nulla vieta alle aziende di preparare un’ attestazione che, in sostituzione del modulo, serva a certificare l’esistenza di un rapporto di lavoro con la persona, e anzi tale scelta sarebbe opportuna, per preparare al meglio la documentazione. Non sembra necessario, inoltre, compilare un modulo per ogni tragitto da e per il lavoro: potrebbe bastare una singola autocertificazione (o attestazione dell’azienda) con la quale sono descritte le caratteristiche minime del rapporto (sede di lavoro, orario tipico, eccetera). Se il dipendente non ha una sede fissa e si deve spostare continuamente, il modulo deve riportare questa circostanza. L’uscita del dipendente dalla propria abitazione per andare al lavoro non va, tuttavia, relegata a un problema meramente burocratico: anche dopo aver acquisito la documentazione che attesta l’esistenza del rapporto, il datore di lavoro deve preoccuparsi – soprattutto durante questo periodo di emergenza – delle condizioni di salute e sicurezza che il dipendente trova in azienda. La prima di queste condizioni è il rispetto della “distanza minima” di un metro: se non fosse possibile applicarla, il datore non potrà fare finta di niente, ma dovrà scegliere una modalità alternativa di svolgimento della prestazione, in primo luogo lo smart working “semplificato”, e se non ci fossero alternative, dovrà lasciare a casa il dipendente: solo così potrà evitare di cadere in qualche forma di responsabilità qualora ci fosse una diffusione del virus in azienda.

( Articolo di Giampiero Falasca pubblicato su “Il Sole 24ore” )

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