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Attività di “ food delivery ” ed emergenza Covid-19

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Il settore della ristorazione nel suo complesso ha dovuto effettuare una serrata obbligatoria per effetto del DPCM dell’11.3.2020, con una conseguente sofferenza di carattere economico dovuta ai mancati incassi, ad una mancata diminuzione dei costi di locazione e di energia, nonché in virtù degli obblighi derivanti da contratti pregressi con fornitori e, infine, del costo dei dipendenti.

Ciò nonostante non sono state vietate le attività di food delivery, cioè di consegna a domicilio di cibi e prodotti alimentari. È bene ricordare che tali imprese, per poter svolgere al meglio le attività, devono scrupolosamente attenersi ad alcuni parametri, che verranno meglio esaminati nel prosieguo della presente informativa, che attengono:

I) alla Sicurezza sul lavoro (DLgs. 81/2008) per chi svolge materialmente il servizio;

II) al rispetto assoluto delle pratiche igieniche (HACCP) per
la consegna degli alimenti al domicilio del cliente. Si segnala, inoltre, che AssoDelivery e FIPE hanno pubblicato alcune linee guida per le attività di food delivery in totale sicurezza e nel rispetto della normativa vigente in materia di contenimento del contagio che si riassumono nei seguenti punti:

I) tutti devono seguire scrupolosamente le raccomandazioni del Ministero
della Salute;

II) i ristoratori mettono a disposizione del proprio personale prodotti igienizzanti, assicurandosi del loro utilizzo tutte le volte che ne occorra la necessità e raccomandano di mantenere la distanza interpersonale di almeno un metro nello svolgimento di tutte le attività;

III) i ristoratori definiscono delle aree destinate al ritiro del cibo preparato per le quali osservano procedure di pulizia e igienizzazione straordinarie.

Queste aree devono essere separate dai locali destinati alla preparazione del cibo;

IV) il ritiro del cibo preparati e la relativa avviene assicurando la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro e l’assenza di contatto diretto;

V) il cibo preparato viene chiuso in appositi contenitori (o sacchetti) tramite adesivi chiudi-sacchetto, graffette o altro, per assicurarne la massima protezione;

VI) il cibo preparato viene riposto immediatamente
negli zaini termici o nei contenitori per il trasporto che devono essere mantenuti puliti con prodotti igienizzanti, per assicurare il mantenimento dei requisiti di sicurezza alimentare;

VII) la consegna del cibo preparato avviene assicurando la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro e l’assenza di contatto diretto.

Resta naturalmente valida la prescrizione generale secondo cui chiunque presenti sintomi simili all’influenza è tenuto a: i) restare a casa; ii) sospendere l’attività lavorativa; iii) non recarsi al pronto soccorso, ma a contattare il medico di medicina generale o le autorità sanitarie.

Premessa

Il settore della ristorazione nel suo complesso ha dovuto effettuare una serrata obbligatoria per effetto del DPCM dell’11.3.2020, con una conseguente sofferenza di carattere economico dovuta ai mancati incassi, ad una mancata diminuzione dei costi di locazione e di energia, nonché in virtù degli obblighi derivanti da contratti pregressi con fornitori e, infine, del costo dei dipendenti.

Non entreremo nel merito degli aiuti statali ai quali potranno accedere gli
imprenditori, ma ad oggi non c’è ancora una risposta certa o quantomeno non si è ancora delineata una vera strategia. Per ora si spera nella sospirata “Fase 2”, che dovrebbe prevedere una riapertura graduale di aziende e negozi, ma questa fase a tutt’oggi non è ancora stata pianificata. Le istituzioni Statali si stanno avvalendo della consulenza di una task force di
tecnici ed esperti che sta valutando quali settori economici potranno riaprire e con quali tempistiche. Secondo le indiscrezioni, la task force sta lavorando sulla fase 2 assegnando una “classe di rischio integrato” ad ogni codice Ateco, suddivisa in rischio “basso”, “medio” o “elevato” in relazione al Coronavirus.

Per ogni attività produttiva si starebbero valutando due aspetti: una “classe di aggregazione sociale” e una “classe di rischio integrato “.

Bar e ristoranti sono a medio rischio di aggregazione sociale e di rischio integrato e probabilmente la loro apertura slitterà ancora a lungo, per evitare la necessità di un secondo lockdown. L’ipotesi più accreditata è che alcune attività potrebbero riprendere anche prima del 4.5.2020 (attuale data di scadenza del lockdown in utta Italia), ma non sarà il caso di ristoranti e bar.

Per la riapertura dei servizi di ristorazione le date ipotizzate per la riapertura ( continua a leggere l’articolo qui)

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