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Torna lo stop ai licenziamenti. Dopo un buco di tre giorni, divieto fino al 17 agosto

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Ritorna il divieto di licenziamento

Fino al 17 agosto, i datori di lavoro non possono intimare licenziamenti individuali e collettivi e sono sospese tutte le procedure avviate dal 23 febbraio. A stabilirlo è il decreto Rilancio n. 34/2020, pubblicato ieri sulla G.U. n. 128/2020.

Arrivando in ritardo la pubblicazione, tuttavia, il provvedimento non può evitare un’interruzione del divieto (già previsto dall’ art. 46 del decreto n. 18/2020) dal 17 maggio a ieri. Scaduto sabato, infatti, il periodo di 60 giorni, i datori di lavoro hanno potuto licenziare dipendenti tra domenica e martedì. La distrazione legislativa ripropone un «buco «temporale di operatività del divieto già successo con il decreto Cura per i licenziamenti dal 23 febbraio al 17 marzo, per i quali il decreto Rilancio prevede la possibilità di revoca da parte dei datori di lavoro. Stessa possibilità non è prevista per il nuovo buco se non in via ordinaria, cioè nel termine di 15 giorni.

Sospesi i licenziamenti

Il divieto di licenziamento è operativo per 60 giorni dall’ entrata in vigore del dl n. 18/2020 (17 marzo) e riguarda anche le procedure di licenziamento, anche collettivo, pendenti e avviate dal 23 febbraio. Fino alla scadenza del divieto, ossia fino al 16 maggio, il datore di lavoro non ha potuto recedere per giustificato motivo oggettivo, né ha potuto aprire nuove procedure di licenziamento e, per questi due mesi, sono state sospese di diritto le procedure avviate al 23 febbraio (eccezion fatta per il personale in appalti, riassunti a seguito di subentro di un nuovo appaltatore).

Il primo “buco”

Il divieto di licenziamento opera dal 23 febbraio sebbene la norma sia entrata in vigore il 17 marzo C’è dunque un “buco” temporale (dal 23 febbraio al 17 marzo) durante il quale il datore di lavoro ha comunque potuto licenziare. Per sanare tali situazioni il decreto Rilancio prevede che datore di lavoro possa revocare il licenziamento, in deroga all’ art. 18, comma 10, della legge n. 300/1970 (Statuto lavoratori, che dà 15 giorni per ripristinare, con la revoca, un rapporto di lavoro cessato). La revoca opera a condizione che, contestualmente, il datore di lavoro faccia richiesta di cassa integrazione Covid dalla data di licenziamento.

Il secondo “buco”

Il decreto Rilancio proroga il divieto di licenziamento fino al 17 agosto. Tuttavia il ritardo della pubblicazione in gazzetta ripropone il buco temporale nei giorni dal 16 al 19 maggio. In quei giorni è legittimamente tornata possibile la facoltà di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo da parte di datori di lavoro sotto 15 dipendenti nell’unità produttiva o 60 su tutto il territorio nazionale, nonché nei confronti dei lavoratori assunti con le tutele crescenti.

Secondo il principio di irretroattività delle leggi, infatti, è da ritenersi legittimo il licenziamento operato durante il “buco” normativo: ciò che conta è che il lavoratore sia venuto a conoscenza del licenziamento in questo periodo. Se, invece, per esempio, il datore di lavoro ha inviato l’atto di licenziamento durante il “buco”, ma il lavoratore prova di averlo ricevuto oggi, cioè dopo la pubblicazione del decreto Rilancio in G.U., quell’atto può essere annullato. Alla stessa maniera per i licenziamenti intimati ieri, giorno di pubblicazione in G.U. del decreto Rilancio: se il datore di lavoro prova che l’atto di licenziamento è arrivato al lavoratore prima della pubblicazione in G.U. del decreto Rilancio, la risoluzione è legittima.

Per i licenziamenti, individuali e collettivi, per i quali è fatto obbligo di una procedura preventiva ex legge n. 604/1966 e n. 223/1991, invece, il “buco” temporale non ha effetto, poiché l’entrata in vigore del decreto Rilancio ne sospende subito l’efficacia.

( Articolo di Daniele Cirioli pubblicato su “Italia Oggi” )

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