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I forfettari evitano i corrispettivi telematici tramite la fattura

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Nei recenti forum con la stampa specializzata, l’Agenzia delle Entrate conferma la possibilità, beneficiabile dai contribuenti che hanno scelto il regime forfettario, di evitare l’installazione del registratore telematico: questi potranno infatti certificare le proprie operazioni utilizzando la fattura che, ancora per il 2020, potrà continuare ad essere cartacea.

Corrispettivi e fattura

Dopo che il 2019, sotto il profilo fiscale, è stato segnato dall’avvio generalizzato della fatturazione elettronica, allo stesso modo il 2020 ha visto gli esercenti di commercio al minuto obbligati all’applicazione della disciplina legata ai corrispettivi telematici. Si tratta di una transizione che probabilmente porterà vantaggi sotto diversi aspetti, ma è innegabile che, soprattutto per i contribuenti di minori dimensioni, tale evoluzione finisce per creare non poche preoccupazioni e complicazioni operative, in quanto trattasi di soggetti che spesso hanno scarse risorse e talvolta sono poco avvezzi agli strumenti elettronici.

Sotto questo punto di vista, i contribuenti forfettari che hanno colto con favore l’esonero dalla fatturazione elettronica (dal 2020 è stato infatti introdotto un incentivo per tali soggetti all’utilizzo di tale strumento, ma certo essi possono continuare come fatto in passato), al contrario non ottengono nessuna esimente quando gestiscono le proprie operazioni attive tramite i corrispettivi: anche tali soggetti, infatti, dal 2020 si devono dotare (se già non l’hanno fatto) di un registratore telematico e dovranno curarsi di memorizzare elettronicamente e trasmettere telematicamente, alle scadenze previste, i dati all’Agenzia delle Entrate.

Al riguardo molti operatori si sono chiesti se fosse possibile evitare il nuovo adempimenti certificando tramite fattura tutte le operazioni poste in essere. Secondo alcuni tale soluzione non sarebbe risultata percorribile in quanto all’articolo 22 D.P.R. 633/1972 è letteralmente prevista l’ipotesi della fattura emessa “su richiesta del cliente” e non anche la diversa ipotesi di fattura emessa a seguito di decisione volontaria dell’esercente. Ciò posto, malgrado il tenore letterale, non sembrava potersi ravvisare alcun motivo idoneo a vietare tale comportamento; la gestione delle operazioni attive tramite corrispettivi è infatti principalmente finalizzata a semplificare gli adempimenti ai commercianti al minuto, che pongono in essere numerose operazioni spesso di importo limitato.

Francamente non si capisce per quale motivo questi soggetti non avrebbero potuto percorrere la soluzione di certificare tali operazioni secondo lo strumento “principale”, ovvero la fattura. Il fatto che poi, per i contribuenti in regime forfettario, la fattura possa ancora oggi essere analogica, questa è una conseguenza delle regole previste per tale regime.

A sostegno della tesi possibilista può essere citata la risposta ad interpello 149 del 2019 che trattava il caso di un contribuente che poneva in essere operazioni soggette alla disciplina dei corrispettivi (in regime ordinario Iva), in relazione alla quale l’Agenzia ha ammesso la possibilità di certificare tali corrispettivi in maniera alternativa tramite fattura. A confortare, sotto tale punto di vista, consta la recente posizione assunta dall’Agenzia nei citati forum.

All’Amministrazione Finanziaria viene rappresentato il caso di operatori che effettuano prestazioni in locali aperti al pubblico (una parrucchiera) oppure nella abitazione del cliente (l’idraulico), proponendo l’ipotesi che la procedura di memorizzazione dello scontrino possa essere sostituita dalla fattura, che per un forfettario è costituita da un documento contabile.

L’Agenzia sul punto afferma che, per escludere l’emissione del documento commerciale, il cedente/prestatore può certificare l’operazione tramite una fattura (ordinaria o semplificata) “immediata”; quindi neppure viene messo in dubbio che l’operatore possa certificare le proprie prestazioni tramite emissione della fattura in via volontaria.

Tale fattura, quindi può essere emessa in formato elettronico ovvero in formato analogico ove ancora normativamente ammesso; tra questi ultimi vanno annoverati tanto i contribuenti in regime forfettario ex L. 190/2014, quanto i contribuenti in regime di vantaggio (ex minimi) ex D.L. 98/2011 (questi ultimi in corso di estinzione in quanto trattasi di regime che non può più essere oggetto di opzione da più di 5 anni e che quindi riguarda soggetti che stanno esaurendo tale ipotesi di utilizzo). In chiusura vale comunque la pena di fare una riflessione circa l’opportunità di adottare tale soluzione; se trasformare tutti i corrispettivi in fatture analogiche è certamente di grande utilità per chi emette pochi documenti, forse non lo è altrettanto per chi ne emette con una certa numerosità. Si pensi ad una parrucchiera (fiscalmente fedele) che potrebbe servire, ad esempio, 10 clienti al giorno; ipotizzando 250 giorni lavorativi si troverebbe a dover compilare 2.500 fatture che, benché in formato analogico, non sono certo un adempimento trascurabile.

Malgrado la ritrosia di questi operatori alle soluzioni telematiche, potrebbe essere utile superare lo scoglio iniziale dell’acquisto e messa in funzione del registratore telematico per poi risparmiare successivamente il tempo dell’elaborazione di tali fatture.

( Articolo di Fabio Garrini pubblicato su “Euroconference News”)

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