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La disciplina Iva degli omaggi

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La disciplina fiscale degli omaggi, sotto il profilo Iva, varia in ragione di diversi fattori

Quali:

  • la tipologia di omaggio (ovvero se rientra nell’ambito dell’attività esercitata dall’impresa oppure no);
  • il costo unitario dell’omaggio (superiore o inferiore a 50 euro);
  • il destinatario (cliente e/o fornitore ovvero un dipendente dell’impresa).

Nell’ambito del presente contribuito analizzeremo il trattamento Iva dei beni non commercializzati e/o prodotti dall’impresa.

L’articolo 2, comma 2, punto 4, D.P.R. 633/1972 prevede che sono rilevanti ai fini Iva “le cessioni gratuite di beni ad esclusione di quelli la cui produzione o il cui commercio non rientra nell’attività propria dell’impresa se di costo unitario non superiore ad euro cinquanta e di quelli per i quali non sia stata operata, all’atto dell’acquisto o dell’importazione, la detrazione dell’imposta a norma dell’articolo 19, anche se per effetto dell’opzione di cui all’articolo 36-bis”.

Tale disposizione deve essere letta in maniera coordinata con la disposizione contenuta nell’articolo 19-bis1, comma 1, lett. h), D.P.R. 633/1972 che prevede un’ipotesi di indetraibilità oggettiva dell’Iva assolta sugli acquisti di beni e servizi che danno luogo a spese che possano essere qualificate come di rappresentanza agli effetti delle imposte sul reddito, tra cui rientrano gli omaggi.

L’indetraibilità oggettiva di tali spese risulta però derogata per quei beni di costo unitario inferiore a 50 euro.

Pertanto, l’Iva assolta in relazione ai beni non commercializzati e/o prodotti dall’impresa è:

  • detraibile, se il costo o valore unitario del bene non è superiore a 50 euro;
  • indetraibile, se il costo o valore unitario del bene è superiore a 50 euro.

Quindi, dal combinato disposto dell’articolo 2, comma 2, punto n. 4), D.P.R. 633/1972 e dell’articolo 19-bis1, comma 1, lett. h), D.P.R. 633/1972 si evince che le cessioni gratuite di beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa:

  • se il costo unitario del bene non supera i 50 euro, sono fuori campo Iva ai sensi dell’articolo 2, comma 2, punto 4), D.P.R. 633/1972 e l’Iva assolta all’atto dell’acquisto è detraibile;
  • se il costo unitario supera i 50 euro, sono fuori campo Iva ai sensi dell’articolo 2, comma 2, punto 4), D.P.R. 633/1972 e l’omaggio, assumendo la qualifica di spesa di rappresentanza, non consente la detrazione dell’Iva all’atto dell’acquisto ai sensi dell’articolo 19-bis1, comma 1, lett. h), D.P.R. 633/1972.

Il costo diviene quindi la discriminante ai fini della detrazione.

Se il costo unitario del bene ceduto gratuitamente è pari o inferiore al limite di 50 euro, nonostante l’operazione a “valle” risulti detassata, la detrazione dell’Iva è comunque consentita, sebbene ciò determini un’evidente asimmetria nel sistema applicativo del tributo. Tuttavia, qualora si tratti di beni di costo unitario superiore a 50 euro, la cessione è, come già anticipato, fuori campo Iva, e non è detraibile l’imposta assolta nella fase di acquisto, stante il divieto previsto dall’articolo 19-bis 1, comma 1, lett. h), D.P.R. 633/1972.

Ai fini della disciplina in oggetto assume particolare rilievo la nozione di “attività propria dell’impresa”: tale definizione rappresenta infatti un discrimine per l’applicabilità dell’imposta sul valore aggiunto alle cessioni gratuite di beni.

In questo contesto l’Amministrazione finanziaria, con circolare n. 25/364695 del 03.08.1979, ha chiarito che per “attività propria” dell’impresa “…deve intendersi ogni attività compresa nell’ordinario campo d’azione dell’impresa e cioè nell’oggetto proprio e istituzionale della stessa,  con la sola esclusione di quelle attività che risultino svolte non in via principale, vale a dire come direttamente rivolte al conseguimento delle finalità proprie dell’impresa, ma in via meramente strumentale, accessoria od occasionale. Ne consegue che quando l’impresa è diretta come finalità propria allo svolgimento di più attività, p. es. alla produzione o allo scambio di più categorie di merci, prodotti o servizi, queste vanno considerate tutte come attività proprie, senza riguardo alla eventuale prevalenza quantitativa dell’una rispetto alle altre”.

Inoltre, si sottolinea che l’attività svolta dall’impresa deve essere effettivamente esercitata a nulla rilevando l’attività formalmente indicata negli atti societari quali lo statuto o l’atto costitutivo.

Le cessioni gratuite di beni alla cui produzione o alla cui commercializzazione è finalizzata l’attività di impresa sono operazioni soggette ad Iva, indipendentemente dal costo unitario del bene oggetto di cessione.

Secondo la prassi amministrativa “gli acquisti di beni destinati ad esse ceduti gratuitamente, la cui produzione o il cui commercio rientra nell’attività propria dell’impresa, non costituiscono spese di rappresentanza e le relative cessioni gratuite devono essere assoggettate ad imposta ai sensi dell’articolo 2, secondo comma, numero 4, del D.P.R. n. 633 del 1972” (circolare 188/E/1998).

Corollario di quanto sopra è rappresentato dal pieno diritto alla detrazione dell’Iva all’atto dell’acquisto delle materie prime necessarie per la produzione dei beni oggetto di omaggio o dei beni oggetto di commercializzazione, in quanto, trattandosi di beni generalmente prodotti o commercializzati dal soggetto passivo Iva che ne fa omaggio, al momento dell’acquisto non se ne conosce il destino (beni destinati al mercato vs beni destinati a regalia).

La ratio della norma risiede nel ragionamento logico secondo cui i beni oggetto di cessione gratuita sarebbero destinati al mercato con applicazione dell’Iva sul corrispettivo, ma la cessione gratuita “distrae” tali beni dalla loro funzione e l’assenza di corrispettivo creerebbe un’asimmetria impositiva.

Pertanto, il legislatore, ammettendo la detrazione dell’Iva assolta al momento dell’acquisto e al contempo l’assoggettamento ad imposta all’atto della cessione gratuita, impedisce che i beni giungano al consumatore finale detassati e che possano fuoriuscire dal “circuito” Iva. Per garantire la simmetria del sistema impositivo la loro cessione risulta sempre rilevante ai fini del tributo.

La base imponibile su cui applicare l’aliquota, in questi casi, è rappresentata dal “prezzo di acquisto o, in mancanza, dal prezzo di costo dei beni o di beni simili, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni” (articolo 13, comma 2, lettera c, D.P.R. 633/1972).

Nell’ipotesi in cui le materie prime acquistate o i prodotti da commercializzare fossero già destinati ab origine ad essere destinati a regalie, allora l’Iva assolta all’atto dell’acquisto può non essere portata in detrazione e, di conseguenza, la cessione gratuita sarà effettuata fuori dal campo di applicazione dell’imposta. Quanto esposto vale a prescindere dal valore del bene.

Sulla base di quanto abbiamo visto sopra, dunque, le cessioni gratuite (per cui l’impresa si è detratta l’Iva) di beni prodotti o commercializzati dall’impresa rappresentano operazioni imponibili che devono scontare l’imposta sul valore aggiunto e devono essere documentate.

Considerata la finalità della cessione gratuita, il legislatore fiscale, operando una deroga al criterio generale dell’addebito dell’imposta in via di rivalsa, ha previsto, all’articolo 18, comma 3, D.P.R. 633/1972, la facoltatività del diritto di rivalsa per le operazioni ex articolo 2, comma2, punto 4), D.P.R. 633/1972.

L’Iva che, ai sensi dell’articolo 18, comma 3, D.P.R. 633/1972, non è stata addebitata in via di rivalsa non può essere considerata un costo deducibile ai fini delle imposte sui redditi.

L’Amministrazione finanziaria, con la circolare 57/E/2001, par. 8.1, ha chiarito che “nel caso in cui il cedente decida di non addebitare l’Iva e di procedere con l’emissione di un’autofattura o con l’annotazione nel registro degli omaggi, l’operazione genera un debito d’imposta verso l’Erario e, nel contempo, un onere per il soggetto che ha deciso di effettuare la cessione gratuita. Tale onere, tuttavia, è indeducibile ai fini delle imposte dirette, in quanto l’articolo 64 [oggi articolo 99], comma 1, del Tuir dispone che le imposte per cui è possibile richiedere, anche solo facoltativamente, la rivalsa non sono ammesse in deduzione”.

Le imprese che si avvalgono di questa deroga, prevista appositamente per agevolare i rapporti commerciali degli operatori che intendono omaggiare i propri clienti e/o fornitori, secondo quanto chiarito dalla circolare 32/501388 del 27.04.1973, possono, alternativamente:

  • emettere un’autofattura singola per ciascuna cessione ovvero mensilmente per tutte le cessioni effettuate nel mese, con l’indicazione del prezzo di acquisto dei beni, dell’aliquota applicabile e della relativa imposta, oltre, naturalmente, all’annotazione che trattasi di “autofattura per omaggi”;
  • annotare su un apposito “registro degli omaggi”, tenuto a norma dell’articolo 39 D.P.R. 633/1972, l’ammontare globale dei prezzi di acquisto dei beni ceduti gratuitamente, in ciascun giorno e con le relative imposte, distinti per aliquote.

( Articolo di Stefano Rossetti pubblicato su “Euroconference News”)

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