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Notifica accertamenti: la svolta digitale

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L’Agenzia delle Entrate esce allo scoperto. Terminati gli effetti dell’articolo 157 del DL n. 34 del 2020, secondo cui gli atti di accertamento, contestazione, di irrogazione delle sanzioni, di recupero di crediti di imposta, di liquidazione e di rettifica per i quali la decadenza del potere di accertamento scadeva tra l’8 marzo 2020 ed il 31 dicembre 2020 possono essere notificati tra il primo marzo 2021 ed il 28 febbraio 2022, purché emessi entro il 31 dicembre 2020, inizia l’attività di rettifica rimasta solo temporaneamente sospesa nelle more della pandemia.

L’AGENZIA SI AFFIDA ALLA TECNOLOGIA

Dopo la falsa partenza di inizio anno, che ha visto l’ulteriore slittamento dei termini, prima dal DL n. 3 del 2021 e poi dal DL n. 7 del 2021, vengono notificati i primi atti di accertamento relativi alle annualità naturalmente in scadenza nel 2020 senza tener conto del periodo di sospensione di cui all’articolo 67 del DL n. 18 del 2020.


La norma, con il dichiarato obiettivo di favorire la graduale ripresa delle attività economiche e sociali, condiziona l’estensione dei termini di notificazione degli atti all’effettiva conclusione da parte dell’Amministrazione Finanziaria dell’attività istruttoria, entro il 31 dicembre 2020, mediante l’emissione dell’avviso di accertamento o suo surrogato. In una novella forma di scissione giuridica, il Legislatore scinde, appunto, il momento in cui l’atto viene confezionato dal momento, successivo, in cui la contestazione esplica i propri effetti a seguito della notifica al contribuente. A tal fine l’emissione dell’atto, secondo le disposizioni del comma 5 del predetto articolo 157, può essere provata anche dalla data di elaborazione risultante dai sistemi informativi dell’Agenzia delle Entrate, compresi i sistemi di gestione documentale.


Orbene ai fatti l’Agenzia si affida alla tecnologia. E lo fa mai come prima. Considerato l’onere probatorio richiesto dalla Legge all’Amministrazione Finanziaria non sarebbe potuto essere diversamente. In assenza della notifica, quale fatto dimostrativo dell’esistenza del provvedimento, e della sua precedente genesi, l’unico modo per l’Amministrazione Finanziaria di dare prova dell’emissione dell’atto entro gli originari termini di decadenza era quello di utilizzare quanto, già da tempo, offriva il Codice dell’Amministrazione Digitale e l’ordinamento tributario in tema di notifica telematica.


Dal primo punto di vista l’articolo 2 comma 6-bis del DLGS n. 82 del 2005, essendo escluse le sole attività di ispezione e controllo fiscale, già dal 14 settembre 2016 consente all’Amministrazione Finanziaria di notificare gli accertamenti tributari mediante la consegna di una copia su supporto analogico di documento informatico (in tal senso, da ultimo, Cass. n. 1557/2021). Esplicitamente previsto dal 27 gennaio 2018 per gli atti di liquidazione, rettifica, accertamento e di irrogazione delle sanzioni di natura tributaria, ai sensi dell’articolo 23 comma 2-bis del Codice dell’Amministrazione Digitale, la copia dell’atto può essere notificata in forma cartacea, in luogo dell’originale digitale, ove la conformità del documento sia attestata da un pubblico ufficiale mediante la stampa di un contrassegno sul documento notificato. Mediante il cosiddetto sistema “Glifo” il contrassegno sostituisce a tutti gli effetti la sottoscrizione digitale apposta ai fini della conformità e consente al contribuente di verificare la corrispondenza fra copia cartacea ed originale informatico. Per il tramite del contrassegno il destinatario dell’atto può accedere all’originale informatico sottoscritto digitalmente presente sul sito istituzionale dell’Agenzia delle Entrate.


Dal secondo punto di vista l’articolo 60 del DPR n. 600 del 1973 dal 3 dicembre 2016, in deroga all’articolo 149-bis del codice di procedura civile ed alle modalità di notificazione previste dalle norme relative alle singole leggi d’imposta prevede la possibilità di notificare gli avvisi di accertamento a mezzo PEC alle imprese individuali o costituite in forma societaria e ai professionisti iscritti in albi o elenchi istituiti con legge dello Stato. La notifica, che si considererà perfezionata a seguito del rilascio della ricevuta di consegna ovvero, nei casi in cui la casella di posta certificata dovesse risultare satura o non più attiva, mediante il deposito telematico dell’atto nell’area riservata del sito internet della società InfoCamere Scpa ed invio al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata, dovrà avvenire all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC).


Per questi motivi, almeno per gli atti interessati dalle disposizioni dell’articolo 157 del DL 34 del 2020, almeno per il momento, l’Agenzia delle Entrate lascerà la notifica cartacea in cantina. L’onere probatorio a carico dell’Amministrazione Finanziaria, ovvero quello di dimostrare l’emissione dell’atto entro il 31 dicembre 2020, sconsiglia agli Uffici di utilizzare i canali tradizionali. Essendo dirimente rispetto alla decadenza stessa dell’azione di accertamento, la prova dell’emissione dell’atto non può essere lasciata alla sua mera protocollazione. Da questo punto di vista, se l’atto può considerarsi emesso quando sottoscritto dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato, la firma digitale, sia forma dell’articolo 23 comma 2-bis del Codice dell’Amministrazione Digitale che dell’articolo 60 del DPR n. 600 del 1973, è la rappresentazione “tangibile” del momento in cui l’Amministrazione Finanziaria esercita il potere riconosciuto dal Legislatore.


Basterà? Probabilmente si. Quantunque la firma digitale consenta “solo” di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico e la validazione temporale elettronica dei documenti in forma elettronica sia lasciata all’apposizione di una marca temporale, strumento differente e da aggiungersi al documento dopo la sua sottoscrizione, la verifica della data di apposizione della firma desumibile dal certificato ed il protocollo di uscita dal sistema informativo dell’Amministrazione Finanziaria potrebbero essere sufficienti per convincere il giudice della tempestività.

( Articolo di Paolo Iaccarino pubblicato su “Fiscal Focus”)

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